Recensione
Luca Vido•Il Giorno•05 May 2009
Il silenzio di Dio è un fiume di parole che incantano
Ottima prova di Castiglioni al CRT
La scena si apre su un gigantesco prete, alto tre metri, circondato da microfoni, che racconta il silenzio. Perché è proprio Il silenzio di Dio quello che risuona nei due atti unici progettati e interpretati da Silvio Castiglioni, per la regia di Giovanni Guerrieri.
Nella prima parte, che vede Castiglioni impegnato nella doppia veste del gigantesco prete e della vecchia che gli porrà quella domanda alla quale non saprà dare risposta, un “radiodramma teatrale” tratto dal racconto “Casa d’altri” di un autore prezioso e tutto da riscoprire, Silvio D’Arzo, pseudonimo di Ezio Comparoni (1920-1952). E’ la storia di un prete e del suo incontro con una vecchina, solitaria e schiva. Quella che, sollecitata silenziosamente per giorni e settimane dal prelato incuriosito, alla fine lo avvicinerà per porgli una domanda, la sua domanda sulla vita e sull’autodeterminazione a togliersela, alla quale il prete (e Dio) non saprà rispondere o risponderà col silenzio.
La seconda parte del “progetto” è un’invettiva, il monologo del “grande inquisitore” tratto da “I Fratelli Karamazov” di Dostoevskij: un “finale di partita” tra l’accusatore e un Cristo consegnato, anche in questo caso, al silenzio, a non dire nulla anche quando è accusato di intralciare l’opera e il potere che la “sua” Chiesa detiene sulle anime dei fedeli. Un interrogatorio-confessione che vede Castiglioni, con la voce a tatti stravolta dalle smorfie, e i movimenti sincopati, calarsi nei panni di un demone che si fa incerto contorno rosso-fuoco nella proiezione alle sue spalle.
Quello che impressiona e convince, al di là dei due bellissimi testi scelti, è l’interpretazione, soprattutto vocale ma non solo, che Silvio Castiglioni regala al pubblico del CRT. Da vedere e da ascoltare.